di Átila Amaral Brilhante*

(Lettera Napoletana) Il 7 Settembre il Brasile ha celebrato i 199 anni dalla sua indipendenza. È una festa che, di solito, non vede una grande partecipazione popolare, ma quest’anno sono stati in molti a scendere in piazza per sostenere il presidente Jair Bolsonaro nella battaglia che sta concendo contro l’attivismo giuridico a tutto campo del STF, il Supremo Tribunale Federale.

Il STF sta progressivamente invadendo gli ambiti di competenza del potere esecutivo e di quello legislativo, e sta assumendo spesso posizioni da partito politico piuttosto che da organismo giuridico.

Grazie anche all’ampio appoggio di cui gode nei media mainstream, il Tribunale Supremo sta sopprimendo con le sue sentenze diritti e garanzie individuali. Detenzioni senza definizione del reato, processi senza trasparenza procedurale, violazioni dell’immunità parlamentare. La cosiddetta inchiesta “Fake News” aperta dal STF, poi, è del tutto anomala, perchè uno dei componenti del Tribunale figura al tempo stesso come vittima e come giudice. Tutto questo avviene in nome della “difesa dell’ordine democratico.

Si muove nella stessa linea il Tribunale Superiore Elettorale (TSE), che ha disposto il blocco dei finanziamenti ai social network della destra (donazioni, inserzioni pubblicitarie, pagamenti) con l’accusa di aver diffuso false notizie e di aver denunciato falsi brogli elettorali. In realtà si tratta di una manovra su larga scala, per censurare e ridurre al silenzio i tanti sostenitori del presidente Bolsonaro sui social media ed obbligarli a subire gli attacchi a ripetizione dei media mainstream, senza lasciargli possibilità di replica.

Evidentemente, i sostenitori del presidente che commettessero davvero reati di ingiuria, calunnia o diffamzione dovrebbero essere processati in base alle leggi in vigore e non colpiti con espedienti giuridici illeciti, capaci di provocare, però, effetti immediati.

Il Governo Bolsonaro ha all’attivo realizzazioni importanti in diversi campi, anzitutto nelle infrastrutture. Ma il clima di aggressione politica permanente fa sì che questi risultati non siano molto pubblicizzati, anche perchè non sono in linea con gli interessi dei mass-media. Questi ultimi preferiscono invece divulgare l’attività della Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) che, con il pretesto di accertare presunte irregolarità che sarebbero state commesse con i fondi destinati alla pandemia, ha violato il segreto fiscale ed i dati personali dei sostenitori di Bolsonaro.

Quella in atto, quindi, è una manovra congiunta per bloccare l’attività del Governo Bolsonsaro, che ha deciso di riunire il 7 settembre i propri sostenitori per affrontare le forze che vogliono distruggerlo. Già Venezuela , Bolivia, Argentina e Perù sono caduti nelle mani della sinistra, ed altri Paesi latino-amercani rischiano di fare la stessa fine.

È chiaro che ci sono forze globaliste schierate nello scontro politico che è in atto in Brasile. Il Paese è il secondo esportatore mondiale di alimenti, ha la più importante Economia del Sud America, e dispone di enormi risorse naturali. Quanto vi accade produce effetti geopolitici di rilievo.

Oggi il Brasile si trova ad un bivio: deve scegliere tra la linea che vede affiancati la sinistra ed il globalismo oppure quella del Governo Bolsonaro, che comporta dei problemi ma certmente offre molte più garanzie a quelli che credono nella libertà religiosa, nell’iniziativa privata e nella famiglia tradizionale. (LN159/21)

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*Il prof. Átila Amaral Brilhante è docente di Filosofia politica alla Universidade Federal do Ceará e dottore di ricerca allUniversity College London (UCL)