(Lettera Napoletana) Per i 40 seggi di consigliere comunale di Napoli, dove si voterà per le amministrative il 3 e 4 Ottobre, si sono candidati in 1400, divisi in 35, forse 36, liste. Altri 800 candidati sono in corsa per le 10 Municipalità cittadine. In totale, circa 2200 aspiranti ad un seggio, una poltroncina, uno stipendio o almeno un gettone di presenza da consigliere di Municipalità.

È l’aspetto che colpisce di più, insieme al grande numero di cambi di casacca, di passaggi da un partito all’altro, da uno schieramento a quello opposto, e della moltiplicazione di liste definite “civiche, in realtà la copertura di personaggi disponibili a tutto per farsi eleggere e di interessi inconfessabili.

 

POLITICA COME GESTIONE DEL POTERE

È la fotografia di una politica senza ideali, e neanche idee, ridotta a sola gestione del potere, dove le differenze tra le forze politiche sono molto meno nette di quanto si cerchi di far credere con il teatrino quotidiano delle polemiche, fatto solo a beneficio dei rispettivi elettorati con la logica del marketing politico.

Se il Governo Draghi, che vede alleati gli “irriducibili nemiciPd, M5S, Lega e Forza Italia, è stato costituito in due settimane (26 Gennaio-13 febbraio 2021) travolgendo ogni veto ed ogni dichiarazione di principio, le liste per le Comunali di Napoli (ma la situazione negli altri grandi centri urbani in Italia non è molto diversa) sono state preparate da tutti i partiti raccogliendo personaggi disparati, di qualunque provenienza, purché in grado di raccogliere una manciata di preferenze, spesso solo di riempire le liste.

Dopo 10 anni di gestione del potere, Dema, il movimento del sindaco Luigi De Magistris, si è dissolto insieme alla sua “rivoluzione arancione” e non parteciperà neanche alle elezioni. I suoi eletti hanno abbandonato De Magistris anno dopo anno, con un’accelerazione in vista del voto. I suoi assessori si sono assicurati un posto in lista o un incarico con i suoi peggiori avversari: il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, Bassolino, il Pd, ed anche le liste del centrodestra che sostengono il pm in aspettativa Catello Maresca. È stato il si salvi chi può. De Magistris pensa a mettere al sicuro uno stipendio da consigliere regionale candidandosi in Calabria, ed abbandona alla sua sorte il candidato a succedergli, l’ex vicesindaco Alessandra Clemente.

 

CANDIDATI SENZA IDENTITÀ

Per la carica di sindaco di Napoli corrono in sette, ma solo quattro hanno possibilità di vincere, o almeno di influire su un probabile ballottaggio.

Gaetano Manfredi, 57 anni, ex docente della facoltà d’Ingegneria e Rettore dell’Università Federico II dal 2014 al 2020, dove non ha brillato per capacità. È stato cooptato in politica e nominato ministro nel Governo Conte 2 (Pd-M5S-Leu), per poco più di un anno (gennaio 2020-febbraio 2021). È in quota Pd, ma soprattutto è il referente dei “poteri forti” che gli garantiscono l’appoggio massiccio dei media mainstream. Ha accettato senza entusiasmo la candidatura a sindaco di Napoli, incarico che richiederebbe capacità ben diverse. Ma, come si dice, ci sono persone alle quali non di può dire di no…

Catello Maresca, 49 anni, magistrato in aspettativa. Ha prestato servizio alla DDA (Direzione distrettuale antimafia) di Napoli e poi in Procura come pm. In passato, Maresca qualche segnale di non allineamento al carrozzone dell’antimafia professionale lo aveva inviato, dichiarando in una intervista che “Libera”, la potente lobby che gestisce un grande patrimonio di beni confiscati alla criminalità organizzata, è “un’associazione pericolosa. «Associazioni nate per combattere la mafia – disse in un’intervista al settimanale PANORAMAhanno acquisito l’attrezzatura mentale dell’organizzazione criminale» (PANORAMA, 14.1.2016.) Ma la reazione violenta dell’apparato mediatico dell’ “antimafia professionale” lo costrinse a fare macchina indietro e ad una lettera di scuse al fondatore di “Libera”, don Luigi Ciotti (la Repubblica, 1.3.2017).

Quella di Maresca sarebbe una candidatura “civica, sostenuta da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma i personaggi di cui si è circondato il pm per la campagna elettorale sono di svariate estrazioni o provengono da Pd, M5S. Spicca l’imprenditore del settore pubblicitario Giuliano Annigliato, zio del pm.

Annigliato è titolare di “Uno Outdoor”, l’impresa che ha in appalto “Monumentando”, programma che avrebbe dovuto portare al restauro di importanti monumenti cittadini in cambio delle risorse ottenute trasformando le loro superfici esterne temporaneamente in contenitori di pubblicità. Ma di restauri se ne sono visti pochissimi. Annigliato è stato oggetto di indagini dell’Autorità anticorruzione (Anac) e della Procura di Napoli senza esito, ma il fallimento del progetto – basti pensare al bluff della chiesa di Portosalvo, a Napoli – è sotto gli occhi di tutti. (cfr. LN103/16).

Maresca, comunque – come prima di lui numerosi altri magistrati -, ha acquisto notorietà ed ha saltato la barricata, transitando in politica. Indipendentemente dal risultato della sua avventura alle amministrative (12 liste a sostegno in una coalizione sgangherata) si è probabilmente assicurato il paracadute di un seggio in parlamento.

Alessandra Clemente, 31 anni, dal 2013 ininterrottamente assessore e poi vicesindaco nelle giunte di Luigi De Magistris. Avrebbe dovuto rappresentare la continuità dopo il decennio dell’ex pm, ma il crollo di Dema l’ha lasciata da sola. Con lei sono rimasti appena un paio di consiglieri uscenti, che non hanno trovato spazio altrove, e – dopo la rottura con gli estremisti comunisti del Centro sociale Insurgencia”, che facevano da guida ideologica a De Magistris – gli altri estremisti comunisti di “Potere al Popolo”, una formazione politica nata in un edificio pubblico gentilmente regalato dal sindaco di Napoli, ed i sopravvissuti di Rifondazione comunista.

Antonio Bassolino, 74 anni, carriera politica cominciata a 17 anni, nel PCI. Deputato del PCI-DS-PDS, è stato sindaco di Napoli e poi presidente della Giunta regionale Campana per 17 anni, una striscia di potere che nessun altro politico (da Lauro a Gava, al compagno di partito Valenzi) ha mai avuto.

È l’uomo del disastro dei rifiuti del 2008-2009, che trasformò Napoli in un gigantesco immondezzaio, con i rifiuti non raccolti che arrivavano fino ai primi piani delle case. Immagini che fecero il giro del mondo in tv e che ancora vengono associate alla città. Bassolino, da presidente della Regione divenne anche Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, un’emergenza creata da lui e dai suoi collaboratori e lasciata in eredità, con sei milioni di cosiddette ecoballe accumulate nell’entroterra a Nord di Napoli, in quella Terra dei Fuochi, nota per l’incidenza del numero di tumori.

Nei sondaggi Bassolino è quotato al massimo al 10%, il sondaggio più generoso e recente gli ha attribuito un 13%, ma per lui si sono mobilitate vecchie filiere affaristiche. È il candidato dei giornali, da “Il Mattino, che in prima battuta sostiene Manfredi, ma conta tra i redattori molti suoi orfani, di “la Repubblica”, ed anche di ambigui personaggi trasversali di una certa “destra politica, che sarebbero felici di sostenerlo al ballottaggio al posto di Maresca, in nome di solidarietà inconfessabili. Il claim della sua campagna pubblicitaria recita: Ancora Bassolino?”. Si può rispondere solo “Aiuto!” (cfr. LN153/20)

– Gli altri due candidati a sindaco di Napoli sono il dissidente del Movimento 5 Stelle Matteo Brambilla, 51 anni, ex capogruppo in consiglio comunale, sostenuto da fuoriusciti grillini ed il biologo Giovanni Moscarella, 60 anni, del “Movimento 3V”, che guarda all’area “No Vax” e “No Green Pass”.

 

IL DISTACCO DAL PAESE REALE

Oltre all’assalto vergognoso a stipendi ed emolumenti, il dato che colpisce è il distacco tra il Paese reale degli elettori che votano sulla base di opinioni, idee e principi, ed il Paese legale degli eletti che vanno ad occupare le istituzioni. Questi ultimi costituiscono ormai una casta di gente in gran parte senza mestiere e professione, che vive di politica nel senso materiale del termine, ed opera secondo logiche ed interessi esclusivamente propri, non del partito e meno che mai di chi li ha eletti.

Si vota un consigliere comunale, regionale, un deputato, e lo si trova qualche mese dopo in transito nel Gruppo misto, in attesa di offerte, pronto a uno o più cambi di casacca. Il mandato imperativo (cfr. LN 150/20) che vincola gli eletti a rappresentare gli elettori, è una soluzione ad un tradimento permanente, diventato insopportabile.

Per il resto, per le scene vergognose dell’assalto agli uffici del Servizio elettorale del Comune di Napoli, il 4 Settembre, giorno della scadenza del termine di presentazione delle liste, per il degrado morale e politico dei candidati, ci vuole un’altra classe politica, reclutata e formata su basi diverse.

Intanto, si può solo scegliere tra i singoli che danno un minimo di garanzia di andare a rappresentare idee ed interessi legittimi. La Fondazione Il Giglio darà il proprio contributo proponendo un’AGENDA PER NAPOLI da sottoporre ai propri candidati. (LN159/21)