(Lettera Napoletana) Le elezioni regionali della prossima primavera in Campania mettono sul mercato politico i voti di una parte ormai consistente della società meridionale che negli ultimi decenni ha acquisito consapevolezza sulle ragioni della decadenza e del sottosviluppo economico di quello che si definisce Mezzogiorno d’Italia. È per questo che a oltre tre mesi dalla scadenza elettorale si moltiplicano gruppi e “movimenti” che puntano a capitalizzare in voti l’azione civico-culturale svolta negli ultimi due decenni da borbonici, neo-borbonici, singoli ed associazioni che hanno individuato il cosiddetto Risorgimento e l’unificazione italiana, come fattori decisivi della crisi del Sud, e lavorano per il recupero della memoria storica di quello che fu il Regno delle Due Sicilie come premessa indispensabile per creare una nuova classe dirigente.

Basta scorrere i nomi dei promotori delle liste “meridionaliste” che si preparano a scendere in campo alle regionali, invece, per rendersi conto che non si tratta di una potenziale nuova classe dirigente politica, ma dei residui della classe politica degli anni ’70 ed ’80, formatasi con il marxismo-leninismo e con la revisione del marxismo operata dalla Scuola di Francoforte. In diversi casi si tratta anche si soggetti con diverse esperienze di partito alle spalle, che puntano ad un incarico retribuito.

Tra i promotori di MO’, che si definisce “lista civica”, vi sono alcuni esponenti del “movimento” (termine che nel linguaggio marxista indica gli agitatori politici che hanno il compito di fare esplodere le “contraddizioni” del sistema capitalista) della “Terra dei Fuochi”. Lettera Napoletana se ne è occupata nel numero di dicembre (cfr. “Terra dei Fuochi: una sentenza contro la disinformazione”, LN 83/14). Il danno prodotto ai produttori di mozzarella dallo spropositato allarme mediatico innescato sul problema reale dello sversamento dei rifiuti tossici nell’entroterra tra Napoli e Caserta viene calcolato in 56,4 milioni di euro, solo per i primi sei mesi del 2014 ( “Il Mattino”, 27.1.2015). Gli aderenti al “movimento” sono appartenenti ai cosiddetti “Centri sociali”, ambientalisti radicali, agitatori politici professionisti. Tra i promotori di “MO’ ” c’è il giornalista Marco Esposito, ex Ds, poi passato all’“Italia del Valori” dell’ex pm Antonio Di Pietro ed assessore al commercio nella giunta De Magistris a Napoli. Escluso dalla giunta De Magistris in uno dei rimpasti, Esposito ha dato vita all’“Unione Mediterranea” e adesso si prepara a fare il capolista alle regionali per MO’. L’appello per MO’ è stato firmato anche dal giornalista Pino Aprile, tra i partecipanti all’assemblea tenuta a Caserta il 20 dicembre 2014. Aprile – che in un recente libro ha paragonato l’unificazione italiana guidata dal Piemonte alla riunificazione delle due Germanie, assimilando la Germania Ovest “capitalista” al Piemonte – ha anche proposto un’alleanza tra MO’ e “Maggio” (dal mese nel quale si svolgeranno le regionali) lista che si definisce “alternativa alle politiche di austerità di Caldoro e del Pd” e composta dallo stesso personale politico di Mo’.

Quasi la metà dei firmatari dei promotori di “Maggio” si qualifica come “militante comunista”, “attivista politico” o dei “movimenti”, “sindacalista”, o appartenente a Rifondazione comunista e ad altre formazioni dell’estrema sinistra. Tra essi l’ex avvocato di “Soccorso rosso” Elena Coccia, attualmente consigliere comunale a Napoli per la Federazione della Sinistra (che riunisce Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti italiani e “Socialismo 2000”), l’ex consigliere regionale di Rifondazione Comunista Franco Maranta, alcuni attivisti di “L’Altra Europa con Tsipras”, dei “Collettivi autonomi di Salerno” ed il teorico trotzkysta Aldo Bronzo, autore di una “storia dei comunisti“ nella Cina maoista. Per questi agitatori politici professionisti, ideologi marxisti e militanti di estrema sinistra, la “questione meridionale” non è la conseguenza dell’unificazione italiana, voluta dal liberalismo risorgimentale, ma del “sistema capitalista”. Tra i propri ispiratori mettono Antonio Gramsci, che teorizza l’alleanza di classe tra contadini ed operai del Sud contro il capitalismo del Nord. I nemici dichiarati sono la Lega Nord (in quanto espressione della borghesia settentrionale).

Anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che presenterà una propria lista alle regionali insieme a “Sinistra Ecologia e Libertà” di Nichi Vendola, ha dichiarato di voler dare vita ad un “movimento meridionale di ispirazione gramsciana”. Si tratta dello stesso sindaco che rifiuta da mesi di intitolare una piazza di Napoli a Re Ferdinando II, il Sovrano dei primati del Sud, mentre le ha intitolate a Berlinguer, Panagulis e Mandela. Al suo fianco, il 20 dicembre 2014, mentre De Magistris impugnava una bandiera rossa e scopriva una targa dedicata all’ex segretario del Pci, c’era anche un esponente di un micro-partito “meridionalista” che ha sostenuto l’ex pm alle elezioni, ricambiato con un piccolo incarico burocratico di sottogoverno. Ma questo, al di là della matrice ideologica dei promotori delle liste-patacca meridionaliste, si chiama più precisamente accattonaggio politico. (LN84/15)