(Lettera Napoletana) Il 22 ottobre in Veneto ed in Lombardia si svolgerà un referendum consultivo per l’autonomia politica e soprattutto finanziaria delle due Regioni, già appartenenti all’Impero austro-ungarico prima dell’annessione da parte del Piemonte, avvenuta nel 1866 per il Veneto e nel 1859 per la Lombardia.

Saranno chiamati a votare circa 15 milioni di cittadini. Il referendum è stato finalmente autorizzato dalla Corte Costituzionale (che in precedenza ha bocciato 22 volte quesiti analoghi ) con una sentenza del giugno 2015. La Regione Veneto – che si è battuta a lungo per questo obiettivo, approvando due leggi – si è fatta sostenere da una commissione di giuristi e docenti universitari.

L’obiettivo più concreto del referendum è quello di ottenere dal Governo l’equiparazione delle due Regioni al regime fiscale delle Regioni a Statuto speciale come l’Alto Adige, trattenendo per sé circa l’80% delle tasse riscosse invece di versarle allo Stato centrale.

Un’applicazione del federalismo fiscale che interessa anche il Sud. Ferma restando la necessità di un fondo perequativo da destinare alla Regioni meridionali per i differenti livelli di reddito, che risalgono proprio all’unificazione-spoliazione subita, il federalismo fiscale darebbe alle Regioni del Sud la fruizione delle risorse di storia e di arte delle quali dispone. Per fare un esempio, la Reggia borbonica di Caserta, uno dei monumenti più visitati d’Italia, incassa ogni anno – secondo dati dell’ex Sovrintendente ai beni ambientali ed architettonici Giovanna Petrenga – circa 2 milioni di euro, ma ne vede tornare solo 3 o 400 mila attraverso il Ministero per i Beni culturali (Ansa, 21.9. 2008).

Inoltre la gestione diretta delle risorse raccolte sul territorio, con conseguente diminuzione dei trasferimenti statali, allenterebbe il cordone ombelicale della classe politica meridionale con quella nazionale ed unitaria, con la quale si realizza, dall’unificazione in poi, lo scambio risorse statali-consenso elettorale, che alimenta una classe politica meridionale sradicata e trasformista.

«Ogni anno Veneto e Lombardia cedono allo Stato un residuo fiscale – cioè la differenza di entrate e spese – di oltre 70 miliardi, (…) 53,9 miliardi la Lombardia e 18.3 il Veneto» (Il Sole- 24 Ore, 16.1 2017). Secondo dati del presidente della giunta regionale del Veneto, Luca Zaia, un recupero del residuo fiscale determinerebbe un aumento del Pil regionale del 2,4% (Venezia Today, 24.4.2017)

«Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuiti ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ?», questo il quesito che comparirà sulla schede elettorale dei veneti. Più articolato il quesito della Lombardia, che vuole poter richiedere alo Stato «l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse ai sensi dell’art. 118 della Costituzione».

A favore del referendum, in Veneto, si sono espresse le Comunità locali, l’associazionismo e tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale, tranne il Pd che si è astenuto. In Lombardia, di fronte al largo consenso per l’iniziativa si è allineato, anche se a malincuore, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, del Pd. «Se si farà il referendum – ha detto Sala consiglierò di votare sì» (La Stampa, 21.4.2017)

I presidenti di Veneto e Lombardia, Luca Zaia e Roberto Maroni, entrambi della Lega, ed alla guida di giunte di centro-destra, hanno aggregato sulla proposta di autonomia un fronte ampio di forze politiche ed associazioni. Voteranno sì anche gli indipendentisti Veneti, pur continuando a battersi per l’indipendenza del Veneto e non per la semplice autonomia ammnistrativa.

Il referendum dà slancio a chi si batte per la memoria storica delle popolazioni venete e lombarde e ripropone verità taciute sul cosiddetto Risorgimento e sull’unificazione dell’Italia.

«Andremo al voto esattamente 151 anni dopo il plebiscito con cui la nostra regione fu annessa al Regno d’Italia “ – ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia – noi speriamo che il nostro referendum si trasformi nella risposta corale dei veneti a quel plebiscito del 1866» (Verona sera, 21.4.2017).

Veneto e Lombardia cominciano a fare i conti con quel Risorgimento che ha portato ad un’unificazione violenta e predatoria dell’Italia. Ed il disagio – del quale la Lega è espressione – si traduce in iniziative politiche come il referendum per l’autonomia.

La Regione Veneto ha regalato nei mesi scorsi alle biblioteche un libro del ricercatore ed ex assessore Ettore Beggiato (1866: la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia”, Editrice Veneta, Vicenza 2016) nel quale si ricostruiscono le modalità di svolgimento del voto che servì a dare una parvenza di legalità alla conquista piemontese.

Da anni la memoria storica del Veneto, che comprende pagine eroiche di resistenza all’invasione napoleonica, viene tenuta viva con una serie di manifestazioni culturali, come la rievocazione delle Pasque Veronesi (1797), animata dallo studioso Maurizio Ruggiero.

A Mantova, a Venezia, e nelle altre province venete (che comprendevano una parte del Friuli) il 21 e 22 ottobre 1866 si svolse un plebiscito-farsa, uguale a quelli che si svolsero a Napoli, per il Regno delle Due Sicilie (21 ottobre 1860), nel Granducato di Toscana (11-12 marzo 1860), nel Ducato di Moderna e Reggio e nella Legazione delle Romagne dello Stato Pontificio (11-12- marzo 1860).

I favorevoli all’annessione al Regno d’Italia, di fatto il Piemonte, risultarono il 99,9 %. Gli elettori furono il 28% circa della popolazione, escluse le donne. Secondo i dati ufficiali i favorevoli furono oltre 647 mila, i contrari appena 69 …

Un film del regista napoletano Salvatore Chiosi (Il leone di vetro, 2014) rievoca, attraverso le vicende di una famiglia patriarcale, la truffa del plebiscito Veneto del 1866. (LN11/17).

 

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