(Lettera Napoletana) (di Annamaria Nazzaro) Nella Napoli del ‘600, inserita nella Monarchia federativa delle Spagne, il giurista, letterato, politico e capitano di cavalleria Francesco Lanario (1588-1624) Duca di Carpignano, pubblicava un trattato sul modello di Principe cristiano.

Era un tema di grandissima importanza mentre in Europa si andava affermando il modello cinico e spregiudicato del politico moderno teorizzato da Machiavelli, e sull’antimachiavellismo si esercitarono numerosi autori cattolici. Per tutti si può citare il gesuita spagnolo Pedro de Ribadeneyra (1527-1611), segretario di S. Ignazio di Loyola. La sua opera, “Il Principe cristiano” (sintesi del lunghissimo titolo originale), uscita nel 1595, ebbe numerose edizioni tra Madrid ed Anversa, in quelle Fiandre, dove le Spagne combattevano strenuamente in difesa della Cristianità contro il protestantesimo. E nelle Fiandre aveva combattuto, giovanissimo, Francesco Lanario.

Allo studio di Lanario, pubblicato a Napoli nel 1624, è dedicato un capitolo del monumentale “Nápoles Hispánico” di Francisco Elías de Tejada, la cui traduzione italiana è stata completata recentemente dalle Edizioni Controcorrente (cfr. Lettera Napoletana n. 112).

Gianandrea de Antonellis ripropone in italiano moderno, per agevolarne la lettura, il trattato di Francesco Lanario (“Il Principe Bellicoso. La risposta ispano-napoletana al Principe di Machiavelli “, Club di Autori Indipendenti, Castellammare di Stabia, 2017, pp. 173, € 12) in una nuova Collana che si propone il recupero di alcune delle tantissime opere del pensiero filosofico e politico della Napoli tra ‘500 e ‘600, citate da Tejada ed oggi semisconosciute.

Francesco Lanario dedica il libro a Filippo IV, sovrano di Napoli, Re Pianeta, ed al suo fedelissimo e valido collaboratore il Conte Duca di Olivares. È un testo concreto, benché idealizzato, perché rivolto ad un regnante identificato e non all’immaginario “principe nuovo” del Machiavelli.

“È molto più sicuro essere temuto che amato” – scrive Machiavelli nella sua opera – mentre per Francesco Lanario,il principe più buono è colui che procura di essere dai suoi piuttosto amato che temuto” (consiglio 51).

Delinea, così, la figura di un principe antitetico a quello del Machiavelli: tutti gli assiomi principali e amorali vengono ribaltati, secondo il pensiero legato alla civile e cristiana prudenza.

La caratteristica principale del perfetto principe è quella di essere “sovrano non legibus solutus, ma sottomesso alla legge naturale”. Il perfetto sovrano dovrebbe operare per una ricomposizione della frattura tra etica e politica, della quale è massima espressione lo stesso Machiavelli (secondo alcuni ne sarebbe la causa) alla base delle fratture religiosa, etica, politica e giuridica, che hanno portato dalla Christianitas Maior alla Christianitas Minor.

Lanario sottolinea la contrapposizione tra la Monarchia Ispanica e l’Europa. Il concetto sarà, successivamente, ripreso ed ampliato da Francisco Elías de Tejada, che affermerà che la Cristianità deve morire perché nasca l’Europa.

Il concetto è straordinariamente attuale, stanti le vicende a cui ci ha abituato l’ “Europa unita” dell’UE. 

I consigli che vengono dettati al principe da Lanario trovano origine nelle cultura cristiana, classica ed umanistica. Le Sacre Scritture sono le fonti principali della dottrina: la parola di Dio, e non quella dell’uomo, sposta la politica su un piano teologico. Il fine del Principe deve nascere dal buono e dal giusto e non dall’utile sociale o individuale.

In realtà, il principe ispano-napoletano è un perfetto principe cristiano. Come tutti gli autori ispano-napoletani, Lanario combatte il pregiudizio antispagnolo, che vuole Napoli una colonia della Spagna e soggetta al suo malgoverno, identificato in epoca risorgimentale come il più nefasto della nostra storia.

L’aggettivo spagnolo – osserva Gianandrea de Antonellis nella sua Premessa – esprime soltanto un concetto geografico, ispanico, rifacendosi all’hispanidad, si esprime, invece, un concetto spirituale e non geopolitico.

Le caratteristiche morali del cavaliere cristiano traggono origine dalla “hispanidad” e si sintetizzano nella lotta della Reconquista. La hispanidad combatte per l’Impero cristiano, o Christianitas Maior, difeso a Lepanto e nelle Fiandre. Napoli, in questo contesto, è una delle gemme della corona delle Spagne, per l’alto valore culturale e per il ruolo del pensiero filosofico e politico e parte integrante di “un impero su cui non tramontava mai il sole”.

La dottrina del Principe delle Spagne vuole che egli sia un perfetto conoscitore dell’arte del governo e del governare. A tale scopo, Francesco Lanario dispensa 365 consigli e cita esempi di regnanti famosi per la loro correttezza. Il Principe deve essere educato al buon governo e tenere presente che tutto dipende dalla volontà di Dio (consiglio 216) e che il primo suo dovere è contribuire alla gloria di Dio, aspirazione dei cattolici, napoletani e spagnoli, contro gli eretici.

L’autore del Trattato distingue – secondo la dottrina politica cattolica – il re dal tiranno, sia per il suo tener fede alla parola data, sia perché il primo viene ubbidito per amore e non per timore. Mai superbo, non deve accumulare ricchezza per sé, non avido, né lussurioso o iracondo, sempre clemente e razionale. Il principe deve possedere doti di attenzione e prudenza, circondarsi di consiglieri fedeli, disinteressati e affidabili.

Lanario contrappone l’equilibrio cattolico alla tesi della predestinazione luterana: il suo principe è teologicamente antiluterano, eticamente antimachiavellico.  È contrario ad una politica senza criteri e senza regole, mai giustifica o accetta la menzogna. Il suo governante ideale è dunque in aperta in contrapposizione a quello teorizzato nel modello europeo.

Lanario indica come esempio di prudenza politica, la necessità di una monarchia limitata dall’assoggettamento alle leggi del regno, dettate dal diritto naturale.

 “Ogni popolo ha il governante che si merita, ma i governanti influiscono sui governati”. (LN113/17)

 

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