(Lettera Napoletana) Banca regionale di Sviluppo,una delle pochissime banche campane nate dopo lo shopping di Istituti di credito meridionali attuato a partire dagli anni ‘90 dai grandi gruppi bancari del Nord, viene acquista da BCP (Banca di credito popolare di Torre del Greco) attraverso una fusione per incorporazione.

Le assemblee dei soci per la formalizzazione dell’operazione, già approvata dai rispettivi consigli di amministrazione alla fine di Giugno, sono fissate per i primi giorni di Dicembre. La fusione per incorporazione da parte di BCP sarà effettiva dal 1 Gennaio 2023. Il rapporto di cambio è stato fissato in un’azione ordinaria di BCP per 30 azioni ordinarie di BRS detenute. Ma per gli azionisti di BRS il valore dei titoli è crollato del 90% nel giro di qualche anno.

Banca regionale di Sviluppo, erede della Banca Popolare di Sviluppo, era stata fondata il 12 Luglio 2000 per iniziativa del fondatore del CIS (Centro Ingrosso Sviluppo) di Nola, Gianni Punzo, e di un gruppo di imprenditori e professionisti campani. Nel Novembre 2015 si era trasformata in società per azioni con la nuova denominazione Banca regionale di Sviluppo. L’istituto di credito ha scontato pesantemente la crisi degli imprenditori del CIS epoi gli effetti dellapandemia da Covid-19 ed ha accumulato perdite progressive. L’uscita dei soci legati al fondatore, in seguito a contrasti interni, ha determinato travagliate vicende societarie accelerando la crisi.

L’ultima trimestrale di BRS, al 30 Settembre 2022, ha fatto registrare ancora una perdita di 1,86 milioni.

La soluzione della fusione per incorporazione da parte di BCP è certamente la migliore possibile tra quelle rimaste. Per Banca regionale di Sviluppo si prospettava infatti la concreta possibilità di passaggio al gruppo finanziario romano P&G SGR e Collextion Services, che a Ottobre 2020 aveva lanciato un’offerta di acquisto per il 66% del capitale di BRS (v. LN161/21), poi ritirata.

Resta da valutare l’impatto dell’operazione in termini di esuberi di dipendenti, della sorte dei cinque sportelli di BRS, tra Napoli, Caserta e Salerno, e resta certamente il danno subito dai piccoli azionisti.

BCP, prima banca della Campania con 62 sportelli (2 nel Lazio), 500 dipendenti ed oltre 5.500 soci, rafforza la propria posizione, ma il Sud, che è l’unica tra le 81 regioni dell’UE debancarizzata (cioè priva di un istituto di credito di dimensioni nazionali), perde ancora una banca dopo la crisi di Banca del Sud, istituto di credito fondato aNapoli nel 2006, che Banca d’Italia ha commissariato a Giugno 2021, proprio mentre era in corso l’operazione di risanamento del bilancio, gravato dal passivo di 12, 8 milioni di crediti deteriorati, da parte dei nuovi consiglieri nominati dalla Fondazione Banco di Napoli,azionista di maggioranza di Banca del Sud con il 19%.

Banca del Sud è stata pilotata verso l’offerta del gruppo finanziario inglese Cirdan Capital Management, che l’ha acquisita a Settembre 2022. I quattro sportelli in Campania sono stati ceduti alla Banca Popolare di Bari, adesso controllata da Mediocredito centrale, partecipato al 100% da Invitalia, a sua volta controllata al 100% dallo Stato.

Tutta l’operazione – come LN ha scritto (cfr. LN161/21) – si è svolta nell’indifferenza totale dell’intera classe politica meridionale. Il 21 Marzo scorso l’audizione dell’allora presidente della Fondazione Banco di Napoli (che si oppostaal Tar e poi al Consiglio di Stato al commissariamento di Bankitalia) Rossella Paliotto davanti alla Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario si è svolta in assenza di tutti i 39 componenti della Commissione; 12 di essi erano eletti del Sud di tutti i partiti.

Con le elezioni del 25 Settembre molti parlamentari sono cambiati. Ma tra quelli meridionali c’è la stessa indifferenza per il nostro sistema di credito e per un Sud che dispone di sempre meno banche. (LN168/22)