(LETTERA NAPOLETANA) La crisi di Governo si è chiusa con la nomina del premier del Governo Lega-Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, a capo un altro Governo, composto dal Pd, fino ad ora partito di opposizione, e dal Movimento 5 Stelle.

Come in un minuetto settecentesco, si passa da destra a sinistra e viceversa, scambiandosi i partner con un inchino.

Giuseppe Conte è nato in provincia di Foggia. Avvocato, è molto legato al prof. Guido Alpa, ordinario di Diritto Civile all’Università la Sapienza, con il quale ha fatto la sua carriera universitaria fino a diventare ordinario di Diritto privato a Firenze e docente alla LUISS, l’Università di Confindustria.

La sua scelta disinvolta è una riedizione del trasformismo meridionale, un costume politico nato nell’Italia post-unitaria, nella quale l’ex garibaldino Francesco Crispi (1818-1901), prima mazziniano, poi filo-sabaudo, esponente della sinistra, passava da una maggioranza all’altra, modificando ogni volta il programma politico. Come lui altri politici meridionali, eletti con un suffragio su base censitaria. Pasquale Stanislao Mancini (1817-1888), emigrato liberale a Torino, fu eletto con poco più di 80 voti nel collegio di Solofra, in Irpinia.

Conte non è stato eletto da nessuno, ma passa da un Governo all’altro, con maggioranze opposte. Nel suo primo Governo (Lega-Movimento 5 Stelle) il vicepremier era un altro meridionale, il “capo politico” di M5S Luigi Di Maio, nato a Pomigliano d’Arco (Napoli). Ma questo non è servito ad orientare verso il Sud la politica nazionale, esattamente come avviene dall’unificazione in poi. A dimostrazione del fatto che non è il luogo di nascita, ma sono le radici culturali e la formazione di un politico a decidere.

L’attuale Sud Italia è stato governato prima dagli eredi del Risorgimento, in nome dell’ideologia liberale che volle l’unificazione, poi dai marxisti e post-marxisti, esponenti di un’altra ideologia, che voleva utilizzare il disagio dei contadini e dei lavoratori dell’industria del Sud per un’alleanza con gli operai del Nord, con l’obbiettivo di una rivoluzione comunista.

Liberali, marxisti e neo-marxisti, continuano ad occupare non solo le cattedre universitarie di Storia Moderna e Contemporanea e di Storia del Risorgimento (queste ultime in estinzione) ma Centri Studi come lo Svimez, ed a proporre le proprie ricette ideologiche. Le stesse che hanno condannato il Sud al sottosviluppo economico ed alla colonizzazione culturale.

Lo Svimez è guidato da Adriano Giannola, ex docente di Economia bancaria nato a Fano (Pesaro), formatosi nell’ambiente socialista e massonico di Rodolfo Morandi, un socialista milanese, che lo fondò nel 1946 insieme all’ingegnere vicentino Giuseppe Cenzato. Giannola, come il “meridionalista” Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata a Bari, ha fatto parte di SRM (Studi e ricerche per il Mezzogiorno) il Centro studi del Sanpaolo di Torino. È stato lo Svimez, nato da una lobby politico-industriale del Nord, a progettare negli anni ‘50 la Cassa per il Mezzogiorno (Casmez), un piano di infrastrutturazione del Sud finanziato dallo Stato ed affidato alla grandi imprese del Nord, basato sull’idea di un Meridione mercato di sbocco e consumatore dei prodotti del Nord.

Giannola, Viesti, ed altri “meridionalisti” del giro Svimez, ripropongono oggi la stessa ricetta per la crescita del Sud, il cui PIL (prodotto interno lordo) 160 anni dopo l’unificazione è circa la metà di quello delle Regioni del Nord e si sono impegnati in una forsennata campagna contro il progetto di autonomia regionale differenziata, affiancati da uno schieramento che ha visto uniti liberali, marxisti, massoni e grande finanza in nome dell’ “Italia unita”. I due avevano bollato con parole sprezzanti l’idea di una Giornata del ricordodelle vittime di quel Risorgimento alla cui ideologia sono legati. 

In questo quadro sconfortante della politica meridionale, il giornalista Pino Aprile ha presentato il 24 Agosto, in Basilicata, un nuovo partito di ispirazione meridionalista.

LN ha scritto più volte che il partito, che per sua natura è divisione, è uno strumento sbagliato. Il Sud è una Nazione ed un patrimonio di cultura e di tradizione, non un partito. Altra cosa sarebbe la formazione di liste civiche con obbiettivi comuni, dalla toponomastica al recupero della Storia e delle Tradizioni locali, ala valorizzazione dei marchi e delle produzioni del Sud.

Il manifesto del nuovo partito (varato in vista di elezioni che però non ci saranno, almeno a breve) ha un taglio fortemente ideologico e divide sulla base degli “ismi” e delle categorie del “politicamente corretto” i meridionali.

Vengono invitati a stare lontani i “razzisti” (gli iscritti alla Lega? quelli che criticano l’immigrazionismo e si oppongono agli sbarchi sulle coste del Sud di migliaia di immigrati che finiscono ad alimentare la criminalità nelle nostra città o vengono sfruttati con il lavoro nero?) e si bollano come “ascari” e “colonizzati” i meridionali che alle elezioni hanno votato per la Lega (oltre un milione e mezzo, tra continente e Sicilia, alle Europee).

Per chi avrebbero dovuto votare i napoletani del rione Vasto, una fotografia della società “multirazziale” teorizzata dall’ideologia immigrazionista, trasformato in un suk nordafricano, dove si spaccia droga e ci si prostituisce di giorno e dove bande di immigrati si affrontano con coltelli e bottiglie rotte la notte? Per chi avrebbero dovuto votare i micro-imprenditori del Sud, con reddito fino a 100mila euro, che hanno cominciato a beneficiare della flat tax al 15%?

Aprile vanta nel manifesto del suo nuovo partito la campagna di boicottaggio contro i produttori di prosecco del Veneto, una ex Nazione come il Regno delle Due Sicilie, ugualmente penalizzata dal Risorgimento come il nostro Sud. Invece di promuovere il boicottaggio di Amazon, che controlla i tempi di lavoro dei dipendenti attraverso i robot e distrugge, vendendo sotto costo in Europa, la rete dei piccoli negozi che ancora resistono al Sud, e di altre multinazionali come Uber o Just Eat, che distruggono i tassisti, e sfruttano, pagandoli con pochi spiccioli a consegna, i giovani meridionali, Aprile prende di mira gli agricoltori del Veneto e chiede l’immediata abolizione dei decreti sicurezza del precedente Governo, in modo da consentire la ripresa immediata degli sbarchi organizzati dalle ONG, altre multinazionali dello sfruttamento mascherato da umanitarismo.

I cosiddetti “Centri sociali”, scuole di indottrinamento ideologico, di odio politico e di violenza e spesso centri di spaccio di droga e di vendita illegale di alcool, che solo a Napoli, occupano abusivamente una quarantina di immobili, grazie al sindaco De Magistris, sono indicati come interlocutori del nuovo partito.

A Pino Aprile consigliamo un giro, meglio se notturno, al Rione Vasto di Napoli, un incontro con i napoletani che hanno dovuto vendere casa a e scappare, una conversazione con i parroci delle periferie di Napoli che hanno firmato petizioni a Salvini per chiedere aiuto, una chiacchierata con i commercianti tartassati dalle tasse, costretti a trasferirsi in periferia per il caro-affitti, insidiati dalla concorrenza cinese e dalla contraffazione, un business della camorra che utilizza per la distribuzione gli immigrati. Gli consigliamo un viaggio nella realtà del Sud, senza i paraocchi della sua ideologia.

Le ideologie hanno diviso il Sud, lo hanno portato alla sconfitta e lo hanno consegnato al sottosviluppo economico ed alla colonizzazione culturale. Il Sud potrà risollevarsi solo liberandosi dalle ideologie e del trasformismo opportunista della sua classe politica. (LN138/19)