(Lettera Napoletana) Come dovrebbe articolarsi una effettiva rappresentanza politica, e quali sono le differenze tra la rappresentanza delle democrazie liberali e quella tradizionale?

Lettera Napoletana lo ha chiesto al prof. Miguel Ayuso, docente di Scienza politica e Diritto costituzionale alla Universidad Comillas di Madrid, già presidente dell’Unione Internazionale dei Giuristi Cattolici.

 

D. In che cosa si differenzia la rappresentanza organica, tradizionale, da quella delle democrazie liberali?

R. Lo studioso di scienza politica brasiliano José Pedro Galvão de Sousa individua tre tipi di rappresentanza: quella svolta dal potere, quella della società di fronte al potere e quella nel potere.

La rappresentanza della società da parte del potere è quella svolta dai politici al Governo, e può prevedere l’esistenza di organi di rappresentanza del popolo e del Governo insieme. Richiede un consenso che legittimi il Governo. È la forma di rappresentanza insita nel potere politico, senza la quale la società sarebbe acefala.

C’è poi la rappresentanza della società di fronte al potere politico, che rende necessaria l’esistenza di “organismi rappresentativi”. Questi ultimi sono il legame tra la società ed il potere. Il potere rappresenta la società, e la società si rappresenta davanti ad esso, dando voce alle proprie esigenze ed aspirazioni. Il potere rappresenta la società politica, che costituisce un’unità; la società, invece, si rappresenta davanti al potere nella sua molteplicità, perché è composta da una pluralità di gruppi sociali, ed esprime le opinioni e gli interessi di quanti vi appartengono. Questi interessi sono reali nella rappresentanza organica, e diventano prevalentemente ideologici nel regime dei partiti.

Quando il potere viene esercitato da una assemblea rappresentativa (es. il parlamento italiano, n.d.r.), la rappresentanza da parte del potere e la rappresentanza di fronte al potere si sovrappongono e si confondono, e questo determina una confusione tra la rappresentanza ed il potere politico.

Se invece la società si rappresenta davanti al potere politico, si ha un Governo rappresentativo, che è tipico delle società organiche. Qui gli organismi rappresentativi collaborano con il potere nel Governo, o con forme di consultazione, o con una effettiva partecipazione al potere.

Nella rappresentanza tradizionale la società viene considerata come un complesso di gruppi sociali gerarchicamente organizzati, che hanno diritto ad essere rappresentati. Chi li rappresenta (deputati, consiglieri municipali o regionali, n.d.r.) dipende da loro. Il mandato elettorale è dunque imperativo (quello che la Costituzione italiana vieta, n.d.r.). Qui Il parlamento ha funzioni consultive e delibera solo sulle leggi fondamentali e sulle imposte.

La rappresentanza politica moderna (delle democrazie liberali eredi della Rivoluzione francese, n.d.r.) considera invece la società come una somma di individui, e fonda la rappresentanza sull’individuo. Qui il rappresentante rappresenta l’intera Nazione”, il suo mandato è illimitato ed illimitabile. Il parlamento diviene il potere legislativo ma svolge anche la funzione deliberativa. La rappresentazione è svincolata – in base al principio della separazione dei poteri – dal Governo, ed il Governo può essere subordinato al parlamento in quello che si chiama parlamentarismo.

D. Il mandato imperativo per i parlamentari potrebbe assicurare una rappresentanza reale, non ideologica, e vincolarli agli interessi dei rappresentati?

R. Esistono due tipi di mandato politico: il mandato imperativo ed il mandato rappresentativo. Nel mandato imperativo, il deputato rappresenta una circoscrizione elettorale o il gruppo sociale che lo ha eletto. E da essi riceve direttive precise. Nel mandato rappresentativo (in vigore in Italia, n.d.r.), invece, il deputato rappresenta “la Nazione”, e non è vincolato a nessuna indicazione dei propri elettori.

Il pensiero politico moderno combatte il mandato imperativo e sostiene che questo tipo di rappresentanza ha senso solo in campo giuridico, non politico. Ma si tratta di un pregiudizio: in realtà, il mandato imperativo ha un forte contenuto politico. Il mandato politico può essere ampio, oppure più limitato, ma in ogni caso è rappresentativo. In realtà la rappresentanza più autentica è assicurata con il mandato imperativo, che crea un legame stretto tra il deputato ed i suoi elettori. Questa verità si sta affermando in politica, come si vede con l’imposizione della disciplina di voto ai deputati, in contrasto con le teorie di Rousseau, ed i tentativi di limitare il trasformismo ed i cambi di casacca dei parlamentari, forme di controllo che invece il mandato imperativo prevede.

La realtà politica sta anche dimostrando come la funzione del parlamento debba essere solo quella di rappresentare la società di fronte al potere, poiché i governi svolgono sempre più la funzione esecutiva e legislativa (in Italia con la moltiplicazione dei decreti legge, n.d.r).

È quello che prevede il modello tradizionale di rappresentanza. I parlamenti non debbono governare, ma aiutare a governare, portando davanti al potere le esigenze e le aspirazioni del Paese. In materia legislativa, debbono decidere sulle leggi fondamentali della Nazione e sul fisco, ed impedire gli abusi del potere. Governo e rappresentanza, debbono essere indipendenti l’uno dall’altro. (LN150/20)