Francisco Elìas de Tejada

Europa, tradizione, libertà. Saggi di filosofia della politica

Introduzione e cura di Giovanni Turco

Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005, pp. 264

€ 23,00 + spese postali

Europa, tradizione, libertà, è il titolo di una raccolta di articoli e discorsi di filosofia della politica scritti anni fa dal grande giurista spagnolo Francisco Elìas de Tejada, oggi finalmente pubblicati in un libro.

Il volume è curato dal prof. Giovanni Turco, che vi premette un ampio saggio nel quale riassume con grande chiarezza e precisione le premesse filosofiche e le conseguenze politiche del pensiero di colui che fu il massimo esponente del pensiero tradizionalista spagnolo del XX secolo.

Tejada denuncia che, a partire dall’Illuminismo, nell’Europa si è imposta una rivoluzionaria concezione dell’uomo ridotto ad astratto individuo, vivente fuori dal tempo e dello spazio, che pretende di ignorare la storia, la natura e perfino Dio, che costruisce una società artificiale organizzata in sistemi di rappresentanza e di potere egualitari, arbitrari e implicitamente totalitari.

Tale assurdo e idolatra antropocentrismo non poteva che provocare la “morte dell’uomo” e le drammatiche conseguenze politicosociali che hanno devastato lo sciagurato XX secolo.
A questa falsa e rovinosa ideologia, l’autore contrappone la tradizionale concezione dell’uomo come concreta persona fatta ad immagine di Dio, vivente secondo natura, nella storia e nella società, dunque come erede ed incarnazione di una tradizione religiosa, culturale e civile.
L’uomo reale nasce in seno ad una famiglia, ad una comunità locale e ad una patria, nelle quali deve prendere un posto e svolgere un ruolo preciso.
La sua vita sociale, quindi, si organizza basandosi su sistemi di rappresentanza locali, a partire dal municipio, nei quali può compiere la propria missione di familiare, di cittadino e di patriota, godendo delle concrete libertà che gli permettono di sviluppare le proprie capacità spirituali e materiali.

Parallelamente, la comunità politica (o “Stato”) non va considerata come una somma d’individui arbitrariamente conviventi, né come un ente collettivo che li assorbe ed annulla, ma come un corpus sociale, una Comunità organica composta da famiglie e da microsocietà, che realizza il bene comune nelle sue concrete e storiche esigenze.
In questa prospettiva, gli artificiali e astratti conflitti tra libertà e autorità, anarchia e totalitarismo, individuo e Stato, particolarismi e universalismo, vengono tutti superati all’interno di un ordine politico gerarchico che garantisce la libertà nella pace e l’unità nella pluralità.

Nella storia della Spagna e delle patrie che essa generò nel continente latinoamericano, tale sistema politico si è per secoli basato sui fueros, ossia sugli organismi di autogoverno e di rappresentanza locale che incarnano le tradizioni della Comunità, e che funzionano come alveo delle libertà individuali, barriera contro gli abusi, architettura a salvaguardia del bene comune.

Questo esempio storico permette di scartare l’attuale falsa alternativa tra un centralismo totalitario e un separatismo anarchico, alla quale Tejada oppone la tradizionale soluzione realizzata dalla vita civile dei popoli cristiani.

Essa consiste nel promuovere la rinascita delle autonomie locali, basate sui legami di sangue, affinità ed amicizia, mantenendole però gerarchicamente unite ed ordinate nel comune vincolo della società politica organizzata, affinché esse possano produrre un’autentica rappresentanza sociale, organizzata nei corpi intermedi e composta non da personalità o lobby o partiti caratterizzati da una ideologia astratta e mossi da interessi faziosi, ma da autentiche élites che assicurino la massima libertà possibile nel massimo ordine dovuto.

Guido Vignelli
Corrispondenza Romana
n. 936, 4 marzo 2006