Antonio Boccia

Massacro a Lauria

La resistenza antigiacobina in Basilicata tra 1799 e 1810

prima edizione 2006

pagine 96

€ 10,00 – sconto Soci 30%

 

 

Dettagliata ricostruzione degli eventi susseguitisi nella città di Lauria, piccolo ma importante centro della Basilicata, tra il 1799 e il 1806, durante l’occupazione del Regno da parte delle truppe francesi inviate ad esportare i principi della rivoluzione. Documentato sulla base di fonti d’epoca inedite, il saggio apre uno squarcio su uno dei periodi storici che più di altri ha subito la manipolazione ideologica che è giunta a celebrare come “eroi” i giacobini napoletani, che furono invece traditori della Patria, e come “liberatori” gli invasori stranieri, che invece massacrarono e depredarono. Il testo, narrando episodi di una storia “minore” ma strettamente collegata alle maggiori vicende del regno delle Due Sicilie e dell’Europa stessa, sconvolta in quegli anni dalla furia rivoluzionaria, offre al lettore la visione di una storia incarnata in quei contadini e soldati, religiosi e intellettuali che ne furono protagonisti diretti, nel bene e nel male, subendone concretamente le conseguenze. Idealmente collegato al saggio di Francesco Maurizio Di Giovine, 1799 Rivoluzione contro Napoli, compone un quadro d’insieme che determina un giudizio definitivo sulla cosiddetta repubblica napoletana e sul periodo murattiano. La prefazione al saggio è di Gennaro De Crescenzo.

Il contesto storico

Il 22 gennaio 1799, le truppe d’invasione francesi, guidate dal generale Championnet, entrarono a Napoli, aiutati ed accolti dai pochi giacobini napoletani. La repubblica instaurata si prefiggeva di realizzare l’utopia giacobina, e tentò di farlo con cieca ferocia: in meno di cinque mesi di vita, il governo composto da giacobini napoletani e gli invasori francesi si macchiarono del sangue di almeno 60 mila vittime e si resero responsabili del saccheggio del patrimonio artistico del Regno. Il tragico periodo ebbe fine il 13 giugno 1799, quando il Cardinale Fabrizio Ruffo, Vicario generale del Re, incaricato di riconquistare il Regno, entrò a Napoli, concludendo l’epica marcia di migliaia di volontari che in quattro mesi avevano sbaragliato l’esercito francese, unico caso di insorgenza vittoriosa della Penisola.

La restaurazione del legittimo sovrano e la pacificazione del Regno ebbero breve durata: una nuova invasione francese aprì il cosiddetto decennio murattiano. Agli ordini del generale Andrea Massena, l’8 e 9 agosto 1806 le truppe francesi di Napoleone Bonaparte rasero al suolo Lauria, piccola ma importante città della Basilicata, dopo aver travolto la generosa resistenza di un’intera comunità.
Un abitante su sette, donne e bambini compresi, fu passato per le armi. I vincitori infierirono persino sui cadaveri. Chiese e case furono saccheggiate. «Tutto è stato distrutto dalle fiamme», scrisse Massena nel suo rapporto a Giuseppe Bonaparte.
Fu questa l’esemplare vendetta degli invasori per punire l’insurrezione legittimista e cattolica scoppiata il 13 luglio, quando i lucani insorti, indossando la coccarda borbonica, avevano assalito il distaccamento francese e messo in fuga i soldati.

L’autore

Antonio Boccia è nato a Napoli nel 1966.Da alcuni anni risiede a Lauria (PZ), dove svolge la professione di avvocato. Appassionato studioso di storia locale, è autore di diversi saggi ed articoli.

Durante le sue ricerche, ha avuto accesso a documenti inediti come il manoscritto della Memoria redatta all’indomani dei fatti narrati dal vescovo di Lauria, Mons. Ludovico Lodovici, che ebbe una parte significativa nelle vicende stesse.

Un antenato di Antonio Boccia combatté per la difesa di Milazzo e di Messina, nel 1860.

Il brano scelto

«Intanto nel quartiere Castello una donna, Angiola Perrone, riuscita a salire sulla torre della Chiesa di San Nicola, suonava a distesa la più grossa campana per comunicare il grave pericolo: i francesi erano entrati anche nel rione Superiore!

Probabilmente era questa l’occasione che il Massena aspettava per piegare la resistenza con il mezzo più immediato e violento: l’incendio.
Montigny racconta: “A difesa, contro la baionetta francese, si ricorse ad ogni mezzo da parte degli insorti: ove mancò il fucile supplirono la scure, le pietre e i fiotti di acqua bollente. Ma la baionetta ovviamente fa il suo mestiere: né grazia né pietà” .
A tale proposito ha scritto il Duca di Lauria Pietro Ulloa, figlio del feudatario Giovan Battista e di Elena O’Raredon: “Con gran coraggio traevano tutti, uomini e donne, alla difesa: tanto che i francesi – maggiormente irritati dalla resistenza – ardevano la città”.
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I cosiddetti Volteggiatori, un corpo scelto di Dragoni, erano riusciti a penetrare per primi in Lauria inferiore: si trattava di soldati mercenari corsi, di lingua e cultura italiana, ma particolarmente efferati; il loro compito era quello di ripulire le strade per permettere il passaggio dei corpi militari a cavallo. Certamente anche loro, entrati tra i primi, dovettero subire pesanti perdite. Infatti, dopo la resa, essi saranno i più spietati e violenti.
Montigny ne descrive l’ingresso in città: “venne così sciabolato, sfondato e schiacciato tutto ciò che per la lunga strada di Lauria va dal ponte in diritta linea alle Calabrie. Però, allo sbocco di tale strada, che conduce a Castrovillari, trovammo un’altra barricata: anche qui una grandine di palle vomita da tutte le finestre”. Poi soggiunge : “Ah Lauria, moderna Sagunto! La città di basso è sperperata di ferro e di fuoco.”
Ma i francesi trovavano ugualmente una serie di inaspettati ostacoli, continui e non prevedibili, con barricate, trabocchetti e quant’altro. “Istizziti dalla resistenza, i francesi ardevano la città, e così l’8 agosto, solo a sera, il valore fu soverchiato dal furore”. Le forze erano davvero impari, perché l’esercito francese contava circa novemila soldati armati di tutto punto. I napoleonici una volta penetrati all’interno delle mura divelsero immediatamente le porte della città medievale. Furono poi incendiate le prime case e insieme ad esse le due Chiese madri di S. Nicola e di S. Giacomo.
Viceconti scrive: “E i soldati, entrati nelle case, vi consumarono atti della più inaudita brutalità: vennero uccisi nei loro letti gli infermi e gli anziani, e nessun pietoso sentimento l’età o il sesso valsero a ispirare. Colla punta di una baionetta fu strappato alle braccia della madre un bambino, Luigi Alagia, per essere lanciato in una macchia di rovi. Scovatasi una donna che si era rifugiata sotto un ponte in compagnia del suo giovane figlio, Baldassarre Mazzilli, a costui fu spezzato il cranio con un colpo di archibugio e la sventurata madre ebbe a raccoglierne in grembo il cervello. Dire di tutti i fatti di sangue e di barbarie non sarebbe possibile…”.
Ancora Ulloa: “tra i gridi disperati dei combattenti penetravano i francesi nelle case, facendo macello di quanti stavano o fuggivano. In particolare i soldati corsi, ferocissimi, si spargevano dappertutto, e rapivano quanto era dato rapire, insaccavano oggetti di valore, martoriavano le donne e scelleratamente anche i cadaveri”.
La lotta si protrasse per due giorni, perché “il calabrese non fugge e, se scappa, prima di ritirarsi colpisce con il coltello: il valore non è esclusivamente francese”, così è costretto a riconoscere il Turpin».

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