È uno dei luoghi comuni più ripetuti, molto gradito a giornalisti e politici.

Di questo preteso articolo del regolamento della Marina borbonica circolano addirittura fotocopie. E c’è chi si compiace di esporle.

Dal quotidiano Il Mattino riproduciamo la risposta fornita dal giornalista e saggista Gigi di Fiore ad un lettore che chiedeva l’origine del falso: «La leggenda del “facite ammuina” è uno dei tanti falsi sul Regno borbonico, nati negli anni successivi all’unificazione. Falsi denigratori, poi diventati “verità”, seppure mai verificata. Ecco come nacque una regola totalmente inventata, di cui si dava addirittura il numero dell’articolo (il 27 del Regolamento della Marina borbonica).

Un ufficiale di Marina napoletano, Federico Cafiero (1807-1889), pessimo elemento da accenti macchiettistici, passato con l’esercito piemontese subito dopo lo sbarco di Garibaldi, era a bordo della sua nave con l’equipaggio e dormiva. Arrivò un’improvvisa ispezione, che trovò il comandante immerso nei suoi sogni e la nave abbandonata a se stessa. Naturalmente Cafiero fu punito e, quando tornò sulla sua nave, sentì il bisogno, per evitare ulteriori dispiaceri, di dettare all’equipaggio alcune regole di comportamento.

Tra queste anche quella di fare rumore e chiasso in ogni modo possibile per avvertirlo subito in caso di improvviso arrivo di ispezioni o di ufficiali superiori. Era il “facite ammuina”, diventato poi, per denigrazione, “regola della Marina borbonica”.

In realtà, come scrisse Roberto Selvaggi proprio su Il Mattino del 2 ottobre 1994, la Marina borbonica era la terza d’Europa ed aveva uno dei regolamenti più moderni di quel periodo. Tanto che, dopo l’unificazione, anche l’ammiraglio torinese Carlo Pellion di Persano propose di adottare le norme napoletane per la Marina italiana.» (da Il Mattino, 11.04.2005).

L’organizzazione dell’Armata di Mare, questo il nome della Marina del Regno delle Due Sicilie (cfr. Mario Montalto, La Marina delle Due Sicilie, Editoriale Il Giglio, Napoli 2007) divenne un modello e fu imitata anche dagli stessi piemontesi, che molto probabilmente sono all’origine del falso del “facite ammuina”.

Lo riconosce lo storico liberale Raffaele De Cesare: «(…) il conte di Cavour, assunto anche il ministero della marina nel gennaio del 1860, ne adottò le ordinanze, le manovre, e i segnali di bandiera, che mancavano alla flotta sarda, e prescrisse per gli ufficiali la divisa napoletana» (Raffaele De Cesare, La fine di un Regno, 2 voll., rist. Newton Compton, Roma 1975, vol. I, p.167).