Monaldo Leopardi

Catechismo filosofico e Catechismo delle rivoluzioni

Edizioni Fede & Cultura, pp. 224;

€ 18,00 + spese postali

 

A 170 anni dalla prima edizione, vengono riproposti in un unico volume due catechismi scritti da Monaldo Leopardi, padre del poeta Giacomo. Il Catechismo filosofico, scritto nel 1850, è un compendio dei principi della tradizione, che con il metodo delle domande e risposte, confuta uno ad uno i fondamenti del liberalismo. Il suo successo fu tale da divenire argomento di discussione persino alla Camera dei Comuni di Londra. Il Catechismo sulle rivoluzioni, del 1832, è un breve saggio sulla categoria di Rivoluzione, considerata come rivolta contro l’ordine naturale.

Oggi meno noto del figlio Giacomo, il conte Monaldo Leopardi fu pensatore cattolico e polemista controrivoluzionario di grande fama nel periodo in cui i principi della rivoluzione francese, già giunti al Terrore oltr’Alpe, venivano esportati in Europa dalle truppe napoleoniche.

Nato a Recanati, provincia pontificia, nel 1776, da una famiglia guelfa, compì i propri studi sotto la guida del gesuita messicano Giuseppe Mattia de Torres (1744-1821), fuggito in Italia in seguito all’espulsione dalla Spagna della Compagnia di Gesù. «I principi di religione e di onore, e i modi nobili e generosi erano ereditari nella mia famiglia – scrisse nella sua Autobiografia – tanto che i congiunti miei li trasfusero in me senza avvedersene, ed io mi trovai possessore senza fatica di tutto quello che occorre per costituire un galantuomo». Giovanissimo, sposò Adelaide Antici, dalla quale ebbe cinque figli – Giacomo era il maggiore – dei quali seguì personalmente l’educazione, costituendo negli anni la ricchissima biblioteca familiare.

Fedele alla formazione ricevuta e alla religione praticata con grande devozione, Monaldo ebbe sempre parte rilevante nella vita politica e amministrativa di Recanati: consigliere comunale a diciotto anni; governatore; amministratore dell’annona. Nel 1797, intervenne per sedare i tumulti popolari scoppiati contro gli invasori francesi al fine di evitare una sicura strage e nel successivo periodo della Repubblica Romana e del Regno d’Italia (1808-1814) rifiutò qualsiasi incarico pubblico. Quando l’ordine pre-rivoluzionario fu ristabilito all’interno dei confini dello Stato Pontificio, fu gonfaloniere di Recanati, massima carica amministrativa, avviando un’opera di ammodernamento del paese, con la costruzione di strade e ospedali, la predisposizione dell’illuminazione notturna, la riduzione delle tasse, l’impulso agli studi pubblici e alle attività teatrali come “misura della moralità e della prosperità sociale”.

Fu autore di numerosi scritti religiosi, storici, letterari, eruditi e filosofici, e di un vasto epistolario con gli esponenti maggiori della cultura cattolica del suo tempo. Le sue pubblicazioni erano armi della battaglia culturale combattuta contro la diffusione del pensiero rivoluzionario, particolarmente attraverso la stampa illuministica, nella convinzione che “scritti sani” dovessero ristabilire “l’edifizio sociale sui fondamenti della religione, della giustizia e della verità”, con lo stesso vigore e la determinazione degli avversari.

La sua prima opera di critica alla rivoluzione illuminista è Le cose come sono. Filosofia vera: Apologia del trono; Apologia dell’Altare, scritta nel 1800 ma rimasta inedita. Seguono molti altri scritti politici, fra cui i Dialoghetti sulle materie correnti nell’anno 1831, che ebbero sei edizioni in cento giorni e furono tradotti in francese, in olandese e in tedesco; l’Istoria evangelica; Il Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori, del 1832, adottato nelle scuole del Regno delle Due Sicilie; La città della filosofia.

Vicino ad altri pensatori anti-illuministi, come de Maistre, della rivoluzione fu un acuto interprete, leggendone con lucidità strategie e obiettivi. «Oggi si pretende di costruire il mondo per una eternità e si soffoca ogni residuo e ogni speranza del bene presente, sotto il progetto mostruoso e illusorio del perfezionamento universale». E la sua analisi conserva ancora oggi un’attualità che sorprende, come nel caso delle osservazioni sulla moda:«Coloro che hanno immaginato di sconvolgere gli ordini della società e di rovesciare le istituzioni più utili e rispettate hanno incominciato dall’eguagliare il vestiario di tutti i ceti, raccomandando la causa loro alla moda», scrive svelando come i cambiamenti nell’abbigliamento e nella moda che mirano all’uguaglianza dei costumi siano il primo mezzo di penetrazione dei principi rivoluzionari nel tessuto sociale, perché cancellano quella “coltura esteriore” tesa, invece, a conservare il rispetto di sé, degli altri e dei ruoli sociali.