(Lettera Napoletana) Il 30 luglio, il Dipartimento del Tesoro USA ha sanzionato il magistrato del Supremo Tribunale Federale del Brasile Alexandre de Moraes a norma del Magnitsky Act, per violazione dei diritti umani, censura alla libertà di espressione politica e arresti arbitrari. De Moraes, braccio armato del presidente Lula e della sinistra brasiliana, è il principale responsabile della repressione contro il dissenso ed il regista del processo politico all’ex presidente Jair Bolsonaro.

In questo articolo, Átila Amaral Brilhante, docente di Filosofia politica alla Universidade Federal do Ceará e dottore di ricerca all’University College London, analizza le scelte del Governo Lula nel quadro della svolta anti-europea e anti-americana.

(Átila Amaral Brilhante) Il governo brasiliano ha approvato un decreto che raddoppia le aliquote dell’Imposta sulle Operazioni Finanziarie (IOF). Nell’ambito dei poteri previsti dalla Costituzione, il Congresso, con una maggioranza schiacciante, ha abrogato il decreto presidenziale, poiché un’imposta che ha finalità regolatorie veniva usata con l’obbiettivo prevalente di prelievo fiscale, per coprire il deficit di bilancio del Leviatano brasiliano.

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(Átila Amaral Brilhante) Il governo brasiliano ha approvato un decreto che raddoppia le aliquote dell’Imposta sulle Operazioni Finanziarie (IOF). Nell’ambito dei poteri previsti dalla Costituzione, il Congresso, con una maggioranza schiacciante, ha abrogato il decreto presidenziale, poiché un’imposta che ha finalità regolatorie veniva usata con l’obbiettivo prevalente di prelievo fiscale, per coprire il deficit di bilancio del Leviatano brasiliano.

I numerosi aumenti di tasse e imposte decisi precedentemente dal Governo Lula non sono stati sufficienti a coprire le sue crescenti spese. Il ministro Alexandre de Moraes, del Tribunale Supremo Federale (STF), dopo la pantomima di una finta conciliazione, ha deciso a favore del Governo Lula. L’attivismo giudiziario brasiliano è sistematico e, in pratica, annulla il potere legislativo.

Quanto detto sopra è coerente con l’atteggiamento di chi, come Moraes, ha fatto rimuovere numerosi profili sui social network, esigendo poi che le piattaforme comunicassero agli utenti che la rimozione era avvenuta per una violazione dei termini di utilizzo. Il ministro Alexandre de Moraes sa come abusare dell’ordinamento giuridico per criminalizzare i suoi avversari.

L’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro non gode più della prerogativa di funzione, e quindi non potrebbe essere giudicato inizialmente dal STF e tanto meno da un giudice che – per essersi confrontato ripetutamente con Bolsonaro – sarebbe legalmente impedito di giudicarlo.

Il 18 luglio, Alexandre de Moraes ha imposto gravi restrizioni all’ex presidente Bolsonaro, accusandolo di essersi alleato a un Governo straniero per ostacolare un processo penale in corso in Brasile, cospirando così contro lo Stato democratico. Ma, in questo modo, Bolsonaro starebbe “uccidendo un morto”, che da tempo giace nella profonda fossa scavata da Moraes e dalla maggioranza degli altri componenti del Tribunale Supremo Federale, difesa da Lula e da gran parte dei mass-media e nascosta da amplissimi settori del mondo giuridico nazionale e dalla destra non bolsonarista, che fingono che tutto proceda normalmente.

Il 9 luglio Donald Trump ha imposto dazi altissimi, del 50%, sui prodotti brasiliani importati dagli Stati Uniti e più recentemente ha revocato i visti d’ingresso a otto ministri del STF: Alexandre de Moraes, Edson Fachin, vicepresidente; Dias Toffoli; Cristiano Zanin; Flávio Dino; Cármen Lúcia; Luís Roberto Barroso e Gilmar Mendes. Ha revocato il visto anche a: Paulo Gonet Branco, procuratore generale della Repubblica; Ricardo Lewandowski, ministro della Giustizia ed ex-ministro del STF; Andrei Rodrigues, direttore generale della Polizia Federale; Fábio Schor, capo della Divisione Crimini Cibernetici; Rodrigo Pacheco, senatore ed ex-presidente del Senato federale.

In due lettere Trump ha chiarito che le tariffe erano dovute a questioni commerciali e agli attacchi ingiustamente perpetrati contro la famiglia Bolsonaro e i suoi simpatizzanti da un gigantesco apparato di censura e persecuzione, che ha già colpito imprese americane e minacciato cittadini e residenti americani. Questo provvedimento non è condiviso dalla quasi totalità della sinistra brasiliana, che critica ferocemente il lavoro svolto da Eduardo Bolsonaro,figlio dell’expresidente, e dal giornalista Paulo Figueiredo, che risiede in Florida (anche lui vittima del STF, che nel 2022 gli ha congelato i beni e gli ha bloccato il passaporto, ndr)negli Stati Uniti per sensibilizzare il mondo sul mare di illegalità in cui il Brasile affonda.

Il momento socio-politico e il clima generale del Brasile attuale sono molto complessi per i fattori e i protagonisti, ma una analisi geopolitica ampia può illuminare e rendere più comprensibile la situazione. Oggi, Lula, Moraes e le forze a loro legate, stanno tentando di consolidare la svolta compiuta dal Brasile verso il fronte ostile all’Europa e agli USA. Lula è diventato il maggiore sostenitore dell’indebolimento del dollaro e, nell’ultima riunione dei BRICS, ha parlato dell’argomento ben sette volte. Prima che sua moglie Janja insultasse Elon Musk con parole di molto volgari, e che lo stesso Lula chiedesse al presidente della Cina un esperto per dirigere il sistema di controllo dei social network in Brasile, Lulaaveva già definito Trump un nazista.

Dunque, senza voler sminuire l’importanza dell’amicizia tra Trump e Bolsonaro, ciò che è realmente in gioco è la possibilità che il Brasile – un Paese con un gigantesco volume di risorse naturali, un’agricoltura sviluppata, un buon apparato industriale e oltre 200 milioni di abitanti – esca completamente dalla sfera di influenza politica americana. In questo scenario, Bolsonaro rappresenta l’unica figura politica rilevante nel Brasile di oggi che ostacola coloro che vogliono assoggettare la politica e l’economia brasiliane al giogo della Cina. Il diritto penale viene usato per limitare l’ex presidente e impedirgli persino di parlare con il figlio Eduardo e con le autorità politiche.

Le autorizzazioni per interviste che furono concesse a Lula quando era detenuto e a trafficanti altamente pericolosi vengono, invece, negate a Bolsonaro, nel corso di processi viziati da ogni tipo di irregolarità. C’è un accenno di pentimento in alcuni settori della società che in passato applaudivano Moraes mentrechiudevano un occhio sulle iniziative deleterie di Lula. Giocando la carta del nazionalimo, Lula ha recuperato qualche punto di popolarità di fronte ai dazi imposti da Trump, ma sa che si tratta di un risultato precario di fronte a un possibile disastro economico. È paradossale che – per “salvare la democrazia” – Lula e Moraes vogliono consegnarsi nelle mani delle dittature. (LN184/25)