(Lettera Napoletana) Per i 160 anni della “unità d’Italia” (17 marzo 2021), il quotidiano “Il Giornale” fa una scelta controcorrente e ristampa “1861. La storia del Risorgimento che non c’è sui libri di Storia, di Antonella Grippo e Giovanni Fasanella, uscito nel 2010, che registrò ottimi successi di vendita.

Negli ultimi anni, rispondendo ad una vera e propria offensiva neo-risorgimentalista, che ha impegnato docenti universitari, giornalisti e divulgatori, dietro la quale si vede una regia dei poteri forti, si sono moltiplicati libri ed articoli che, oltre a riproporre la vulgata risorgimentale, cercano di contrastare la revisione storica avviata negli anni ‘90 da studiosi, quasi tutti di estrazione non accademica, e pubblicisti.

Antonella Grippo, docente di Storia, saggista e ricercatrice ha scavato negli archivi per ricostruire i retroscena del cosiddetto Risorgimento e le sue conseguenze. Per l’Editoriale Il Giglio ha pubblicato nel 2008 “Uno Dio e uno Re. Il brigantaggio come guerra nazionale e religiosa.

1861”, mette a fuoco personaggi e figure del Risorgimento, da Garibaldi (“eroe della propaganda anglomassonica”) all’agente segreto di Cavour, Filippo Curletti, autore di un memoriale (“La verità sopra gli uomini e le cose del Regno d’Italia”), pubblicato a Londra nel 1862, che rappresenta da solo una controstoria del “Risorgimento”, alla “setta degli accoltellatori”, ex garibaldini che insanguinarono la Romagna negli anni successivi al 1861.

Intrecci tra criminalità, massoneria, e “patrioti”. È la parte più inconfessabile di un “Risorgimento” che, nonostante l’istituzione di cattedre universitarie, non si studia perché i documenti porterebbero alla luce verità amarissime sulla nascita dell’Italia unita.

«Un filo rosso percorre l’intera storia italiana dalla nascita ad oggi – scrivono gli autori di 1861, nella Avvertenza ai lettori – un filo fatto di intrighi, di malavita e malaffare. Un intreccio che ha la sua origine proprio nel modo in cui l’unità venne prima realizzata e poi gestita. Il trasformismo della politica, la corruzione, la tendenza a scendere a patti con il diavolo, ad accordarsi con poteri forti”, a utilizzare agenti segreti per scopi non istituzionali e a sfruttare con cinismo persino rivoluzionari di professione e terroristi. È tutto nel codice genetico del Paese». (LN156/21)

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