(Lettera Napoletana) – Tra le iniziative annunciate finora dal Comitato nazionale Neapolis 2500,che dovrebbe organizzare le celebrazioni per i 2500 anni della fondazione di Napoli (cfr. LN 182/25), non c’è neanche un evento musicale.

Una proposta della Nuova Orchestra Scarlatti per inserire nel programma un omaggio alla grande tradizione musicale della città, dalla Napoli greca ai giorni nostri, è stata respinta “per mancanza di fondi”. Il Comitato dispone di 7 milioni stanziati dal Governo, ai quali dovrebbero sommarsi risorse degli Enti locali. Un eventuale ripescaggio del progetto al momento è solo una vaga promessa.

Si tratta solo dell’ultimo esempio dell’indifferenza di politici e amministratori verso una grande risorsa della città, quella musica che contribuisce a rendere Napoli dispensatrice di cultura nel mondo.

Con quasi 900 iscritti e 122 docenti il Conservatorio musicale di San Pietro a Majella, nato dall’unificazione di più Conservatori, il più antico dei quali risaliva al 1537, dichiarato Reale Conservatorio di Musica nel 1826 da Francesco I di Borbone e affidato alla direzione di Giovanni Paisiello, diploma ogni anno centinaia di musicisti che non trovano poi occupazione in città. Napoli infatti non dispone di un’Orchestra Stabile, cioè con musicisti assunti con contratto indeterminato e finanziamenti del Ministero della Cultura.

Le risorse ridotte sulle quali può contare la Nuova Scarlatti, che conta anche su un’orchestra giovanile, la Scarlatti Young (106 elementi dai 18 ai 28 anni), e sulla Scarlatti Junior, per ragazzi da 11 a 18 anni, sono quelle della Regione Campania e di alcuni sponsor privati, insufficienti per assicurare una programmazione pluriennale.

Nel dicembre 1992, la RAI chiuse l’Orchestra Scarlatti, una delle sue quattro orchestre, con quelle di Milano, Roma e Torino. La Scarlatti eseguì il suo ultimo concerto nell’Auditorium RAI di via Marconi, strapieno di un pubblico di appassionati che incitavano i musicisti a non smettere di suonare. In precedenza erano andati a vuoto tutti gli appelli alla TV di Stato a non tagliare un’Orchestra di alto livello, che era stata fondata nel 1956. Il suo costo annuale – secondo quanto dichiarò l’allora responsabile della sede RAI della Campania, Ernesto Mazzetti – era più o meno equivalente al costo di una sola puntata di “Domenica in”.

Fu salvata invece dai tagli l’Orchestra RAI di Torino, poi trasformata nel 1994 in Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con la fusione con le Orchestre di Torino, Milano e Roma.

Nel 1993, a Napoli, per iniziativa di alcuni musicisti della disciolta Orchestra della RAI, nacque la Nuova Orchestra Scarlatti che, però, non è riconosciuta come Orchestra Stabile ed è tagliata fuori dal circuito dei finanziamenti statali.

Non abbiamo un’orchestra stabile e neanche un Auditorium” – ha detto amareggiato al ROMA (12.6.2025) il maestro Gaetano Russo, direttore della Nuova Orchestra Scarlatti, ed ha annunciato, dopo 33 anni, la chiusura delle attività nel 2026.

Che cosa resta per la musica a Napoli? L’Orchestra del Teatro San Carlo, che fa ancora audizioni, cioè selezioni per musicisti. Restano alcune istituzioni culturali private, tra le quali la Fondazione Pietà dei Turchini, che dà vita ad iniziative formative, come la scuola di Canto Gregoriano Schola Gregoriana, diretta dal maestro Lanfranco Menga.

Sono iniziative che confermano il talento musicale ancora esistente a Napoli e la sopravvivenza di una tradizione ancora viva. Ma quello che manca totalmente – e la vicenda della Nuova Orchestra Scarlatti lo conferma una volta di più – è una classe politica capace di rappresentare gli interessi della città, di interpretarne le aspirazioni e di difendere la sua cultura. (LN183/25)